«Il 29 giugno 2023, la casa d’aste Hampel di Monaco di Baviera – racconta il direttore di Palazzo Ducale Stefano L’Occaso – ha messo in asta un disegno, senza riconoscerne la natura. Presentato come opera dell’ambito di Primaticcio, interpretandone il soggetto come Pitagora e la sua scuola. Avendolo identificato come un raro disegno di Lorenzo Costa, preparatorio per la Sala di Manto e precisamente per la scena della ‘Costruzione del ponte dei Mulini’, temevo che potesse andare disperso nei rivoli del collezionismo privato. Se non è andata così, è merito della Fondazione Comunità Mantovana, che ringrazio di cuore per la sensibilità e per l’immediata risposta». Palazzo Ducale ha partecipato quindi all’asta per il Lorenzo Costa, forte del supporto della Fondazione, riuscendo ad aggiudicarsi il disegno a 12.000 euro. Gli altri due soli disegni noti per la stessa impresa si conservano nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi: sono anch’essi in uno stato di conservazione non ottimale, ma si tratta di testimonianze eccezionali per Mantova. Rimane il desiderio di riunire i tre disegni al termine dei restauri della sala di Manto appena avviati (attualmente la scena della ‘Costruzione del ponte dei Mulini’, rivolta verso il corridoio di Santa Barbara, è coperta dai ponteggi) e da concludersi presumibilmente nell’autunno del 2024. «Si dice che senza radici l’albero non cresce – afferma il presidente della Fondazione Carlo Zanetti – e così siamo stati contenti e immediatamente pronti a contribuire al recupero di un documento tanto importante e significativo, come era per la città il vecchio ponte dei Mulini che conserva ancor oggi la prerogativa di una importante via d’accesso alla città, pur avendo perso la caratteristica di un vero e proprio polo economico, rappresentato appunto dai mulini. La sinergia con Palazzo Ducale e con il suo direttore Stefano L’Occaso è stata fondamentale e la via della collaborazione con la nostra Fondazione Comunità Mantovana si è rivelata subito efficace, a beneficio dell’arricchimento del patrimonio artistico e storico della città».
La storia e il contesto
La monumentalità del Palazzo Ducale di Mantova trova la sua massima espressione nella sequenza di immensi saloni che costituiscono l’Appartamento Grande di Castello, anticamente qualificato come “regio” secondo una consuetudine che risale almeno al tardo Cinquecento; mentre ancora si lavorava ai suoi decori, vi fu ospitato infatti il re di Francia, nel 1574; nel 1763, inoltre, si diceva che in una stanza di questo appartamento avesse dormito l’imperatore Carlo VI. L’ambiente di più ampie dimensioni – 312 metri quadrati – è la Sala di Manto, che fa da cerniera tra il Castello, l’Appartamento di Troia e le nuove sale costruite negli anni settanta del Cinquecento per il duca Guglielmo Gonzaga. L’ampia zona inferiore delle pareti è interamente ricoperta da finti marmi, sui quali sono presenti diverse incisioni e graffiti; sopra una cornice in stucco, nella fascia superiore delle pareti, sono scandite otto grandi scene, dipinte a secco su muro e oggi in cattivo stato di conservazione. Dovevano essere scarsamente leggibili anche nel primo Ottocento, quando una guida del Palazzo scritta da Antoldi giudicava i riquadri dipinti nelle specchiature opere di Andrea Mantegna raffiguranti Storie di Enea. L’equivoco determinò la denominazione di salone “di Enea” per il grande ambiente e questo nome ricorre ancora agli inizi del XX secolo, ma gli studi successivi hanno assegnato all’ambiente il nome di “sala di Manto”, dal nome della protagonista di una delle storie dipinte nelle specchiature dell’ordine superiore.
L’attuale aspetto della sala di Manto si deve in ogni caso ai lavori condotti negli anni settanta del Cinquecento e iniziati sotto la prefettura di Giovan Battista Bertani, deceduto il 2 aprile 1576. La genesi di questi ambienti risulta tuttavia piuttosto complicata e la loro esecuzione accidentata. Nel 1572 il massiccio soffitto cassettonato era stato completato, da intagliatori veneziani, mentre le prime notizie circa le pitture risalgono al 16 aprile 1574, quando la corte di Mantova aveva preso contatti con un pittore attivo a Venezia, forse già Tintoretto, per la realizzazione di otto tele nella sala di Manto e di quattro per i Capitani. Non fu trovato un accordo, per le esose richieste dell’artista, e quindi si dovette ricorrere a Bertani, allora prefetto delle fabbriche, per impostare le pitture, prevedendo un programma iconografico che avrebbe ricalcato “la medema Historia ch’è in quella della mostra”, ossia nella galleria della Mostra nella Rustica, degli anni sessanta, ma con “quadri assai più pieni, per esser grandi come sono, che tal quadro serà che vi verranno cento figure”. Bertani dovette iniziare a progettare le pitture della grande sala, ma la morte dovette sopraggiungere nel 1576 lasciando l’opera incompiuta. La continuazione dell’impresa fu affidata a Lorenzo Costa il Giovane: un artista mantovano, nato nel 1535, che dopo una prima formazione locale aveva a lungo lavorato a Roma con Federico Zuccari e Federico Barocci.